17 Aprile 2020

Il rischio come discrimine nell’obbligo di pagamento dei canoni

Il pagamento dei canoni di locazione a fronte della chiusura o riduzione delle attività, conseguentemente all’emergenza sanitaria, è tema sempre più attuale.

Da parte conduttrice si sostiene il diritto all’esclusione del canone per la mancata utilizzazione dell’immobile (ancorchè mantenuto occupato).

Si prospetta, in alternativa, la sospensione del pagamento, posticipato alla fine dell’emergenza.

Da parte locatrice si sostiene che la temporaneità della situazione non legittima l’esclusione nel pagamento.

C’è chi prospetta la impossibilità sopravvenuta che determinerebbe la risoluzione del contratto o la riduzione, su accordo, del canone.

Altri sostengono il diritto alla riduzione del dovuto in relazione alla diminuita fruibilità dell’immobile (occupato ma non usato).

Il sentimento comune porterebbe a parteggiare per il contraente, apparentemente, danneggiato che, nell’opinione generale, sembrerebbe essere il conduttore.

A parte locatrice, infatti, in quanto detentrice del capitale immobiliare, si tende ad addebitare l’onere della situazione. Ciò dimenticando cosa significhi essere proprietario, in particolare per quella che viene definita “piccola proprietà” e, quindi, quella privata appartenente alle persone. Gli oneri dell’acquisto, la imposizione fiscale, la perdita di valore e di redditività verificatasi in questi anni, i costi di manutenzione e di adeguamento, non hanno pari dignità e considerazione a fronte degli altrettanto rispettabili ed importanti aspetti della gestione dell’impresa con riguardo alla crisi strutturale del settore (grande distribuzione, e-commerce, crisi economica, gravi di imposte …).

Tuttavia una soluzione, su chi e come debba sostenere l’onere del momento, deve essere data.

L’ordinamento giuridico vigente, che spesso tendiamo a sottovalutare e disprezzare, dà una precisa direttiva rispetto al problema.

Dalle disposizioni normative citate dai vari interpreti (artt. 1218, 1264, 1266, 1464, 1467 cc) infatti, va estratto il principio di diritto che, in via generale ed astratta (come deve essere una qualsiasi norma, guai alle leggi ad personam), dà la soluzione giuridica di quanto ci occupa.

Il discrimine, dell’onere derivante dalla situazione, tra addebito all’una o all’altra parte, risulta essere riferito alla “temporaneità” dell’emergenza sanitaria. Ciò nel senso che il rischio e le conseguenze dell’evento viene diversamente ripartito a carico dell’uno o dell’altro (locatore o conduttore), a seconda della temporaneità o definitività dello stesso.

Pertanto, le conseguenze rispetto ad una situazione non definitiva ed assoluta (come la presente) rimangono a carico del conduttore come rientranti, evidentemente, nel rischio di impresa.

Al contrario le conseguenze definitive ed assolute (si pensi alla distruzione dell’immobile per terremoto, alluvione …), rimangono a carico della proprietà.

In tal senso, allo stato, risultano tutti i provvedimenti normativi emessi che hanno cercato, per quanto possibile, il sostegno delle imprese (credito di imposta sul canone, sospensione adempimenti …).

A parte la soluzione giuridica vi è poi quella transattiva che le parti possono sempre percorrere con accordi amichevoli che tengano conto dell’emergenza e delle reciproche posizioni. Tutto ciò, tuttavia, è lasciato alla sensibilità singola di ognuno.

Avvocato Ladislao Kowalski