
Parziarietà e Solidarietà nel Condominio
Nel Condominio la titolarità di un diritto reale, di godimento o di uso sulla cosa comune, fa
sorgere, in capo al condomino titolare, l’obbligo corrispondente di pagamento delle spese
per la conservazione ed il godimento delle cose e dei servizi comuni.
Il pagamento delle citate spese avviene secondo il principio generale di cui all’art. 1123,
comma 1, C.C., che dispone che i condomini devono sostenere il relativo onere “in misura
proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione”.
A tale principio generale, si accompagnano le deroghe, di cui al 2° e 3° comma del
medesimo articolo 1123 C.C.
Il comma 2 prevede che, se le cose comuni “…sono destinate a servire i condomini in
misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne”.
11 3° comma, invece, introduce il principio del Codominio parziario e cioè, se in un edificio
vi siano cose comuni al servizio di parte del fabbricato …… le spese relative alla loro
manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità”.
Le cose e servizi comuni di cui si discute sono quelle elencate nell’art. 1117 C.C., seppure
l’elenco ivi indicato non è tassativo.
Nel Condominio, precedentemente alla riforma, nel caso di obbligazioni sottoscritte
dall’amministratore in qualità di rappresentante legale del Condominio, veniva adottato il
principio di solidarietà in capo ai condomini. Invero, quando più debitori sono obbligati per
la stessa prestazione, l’obbligazione è da considerarsi solidale, se dalla legge o dal titolo
non risulta diversamente (art. 1294 C.C.), con la conseguenza che ciascuno può essere
costretto al pagamento dell’intero, salvo ad esercitare i propri diritti di credito nei confronti
degli altri condomini.
Questo era lo stato dell’arte prima del terremoto provocato dalla sentenza della S.C. a S.U.
dell’08/04/2008 n. 9148 e prima dell’avvento della riforma sul Condominio L. 220/2012,
entrata in vigore il 18/06/2013.
Gli ermellini con la citata sentenza a S.U., irrompendo come un ciclone, travolgevano un
principio ormai consolidatosi nel corso degli anni (Cass. 05/04/1982 n. 2085; Cass.
17/04/1993 n. 4558; Cass. 30/07/2004 n. 14593 e Cass. 31/08/2005 n. 17563), che
prevedeva la solidarietà tra i condomini per le obbligazioni condominiali e condividendo,
invece, l’indirizzo minoritario (Cass. 27/09/1996 n. 8530), che riguardava le anticipazioni
dell’amministratore nel corso dell’incarico svolto ed il loro rimborso, così componevano il
contrasto giurisprudenziale formatosi sullo specifico punto.
Affermavano, quindi, il principio della parziarietà delle obbligazioni assunte
dall’amministratore nell’interesse del Condominio, con la conseguenza che la ripartizione
tra i singoli condomini avveniva in proporzione alle rispettive quote.
Tanto veniva rafforzato anche dalla considerazione del S.C. a S.U. n. 9148/2008 che “…in
difetto di un’espressa previsione normativa che stabilisca il principio della solidarietà, la
responsabilità dei condomini nel caso di obbligazioni pecuniarie è retta dal criterio della
parziarietà, per cui le obbligazioni assunte nell’interesse del condominio si imputano ai
singoli componenti soltanto in proporzione delle rispettive quote, secondo criteri simili a
quelli dettati dagli artt. 752 e 1295 C.C.” (principio riportato anche in Cass. Civ. Sez. 11
29/01/2015 n. 1674).
In buona sostanza, la citata sentenza nega che quanto previsto dall’art. 1294 C.C. abbia
portata generale, in quanto bisogna tener presente della disposizione dell’art. 1314 C.C.,
dettata in tema di obbligazioni divisibili, che ne contempera il contenuto, prescindendo
dall’unicità dell’obbligazione.
Preferisce, in tal modo, la Corte nomofilattica il criterio della parziarietà, estendendo,
comunque, la efficacia delle disposizioni di cui all’art. 1123 C.C. non circoscritta ai soli
rapporti interni, ma applicabile anche ai rapporti esterni (creditori del Condominio) che
sino ad allora godevano del principio della solidarietà.
La sentenza de qua non riguarda, quindi, solo l’adempimento delle obbligazioni assunte dai
condomini, ma involge anche i diritti di terzi che, nel caso non dovessero ottenere il giusto
pagamento delle loro creditorie, sarebbero costretti a passare alla fase di recupero dei loro
crediti.
Invero, nella stessa sentenza è stato chiarito che “… conseguita nel processo la condanna
dell’amministratore, quale rappresentante dei condomini, il creditore può procedere alla
esecuzione individualmente nei confronti dei singoli, secondo la quota di ciascuno”.
Gli stessi principi sulla parziarietà delle obbligazioni assunte dall’amministratore,
nell’interesse del Condominio, nei confronti dei terzi, sono stati successivamente ripresi e
confermati da Cass. Civ. Sez. VI 17/02/2012 n. 231; Cass. Civ. Sez. III 21/07/2009 n.
16920 e Cass. Civ. Sez. 11 08/10/2008 n. 24832, nonché da diverse Corti di merito.
I principi dettati dalla sentenza in esame venivano interamente trasfusi nella riforma del
Condominio L. 220/2012, così come è avvenuto per ulteriori e diversi principi fissati dal
S.C., con altre sentenze che hanno di fatto rivoluzionato i costanti principi prima affermati.
Invero, il legislatore della riforma, con riferimento alle spese, ha statuito nel nuovo art. 63,
comma 2, Disp. Att C.C., obblighi precisi a carico dell’amministratore e dei creditori.
Il comma 1, invero, statuisce che l’amministratore “è tenuto a comunicare ai creditori non
ancora soddisfatti che lo interpellino, i dati dei condomini morosi”. Il comma 2, invece,
statuisce che “I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i
pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini”.
Di pari passo, il legislatore della riforma ha posto una serie di paletti, in virtù dei quali la
probabilità di morosità di alcuni condomini appare residuale. Invero, l’assemblea, nel
momento in cui delibera opere di manutenzione straordinaria o innovazioni, deve stabilire
un fondo cassa (speciale) pari all’ammontare delle spese occorrenti per le opere e, ove mai i
pagamenti contrattuali fossero previsti secondo lo stato avanzamento lavori (SAL), il fondo
potrà essere frazionato, secondo le singole scadenze (art. 1135 C.C.).
Quindi, non si dovrebbe dare inizio ai lavori se prima non si è provveduto ad accantonare le
somme necessarie.
Inoltre, non di poco conto, le responsabilità dell’amministratore, certamente, più
significative, rispetto al periodo precedente alla legge di riforma, che sollecitano una
maggiore attenzione nella gestione. L’amministratore, salvo che non sia stato a ciò
esonerato dall’assemblea, è tenuto infatti, ad agire per la riscossione forzata, quindi, con
azioni esecutive, nei confronti dei condomini morosi, entro i sei mesi dalla chiusura
dell’esercizio nel quale il credito è compreso (art. 1129 C.C.).
Il medesimo art. 1129 C.C. ha posto, in capo all’amministratore, una serie di ulteriori
obblighi, tra cui anche quello di accendere un conto corrente intestato al Condominio, sul
quale far transitare tutte le somme, a qualsiasi titolo ricevute dai condomini, nonché tutte le
somme, a qualsiasi titolo, erogate.
I citati obblighi sono posti a garanzia dei condomini, che sono legittimati, in caso di
violazione degli stessi, a proporre giudizialmente la revoca dell’amministratore per gravi
responsabilità, al fine di evitare che il Condominio possa accumulare troppi debiti, con
conseguente impossibilità di poter assolvere ai propri impegni debitori, subendo azioni
esecutive che andrebbero solo a gravare le casse del Condominio.
Questi ultimi, che prima, come detto, avevano vita facile, considerata la solidarietà delle
obbligazioni condominiali, oggi, seppure con i sopra esposti vincoli ed obblighi a carico
dell’amministratore, devono, prima di poter incassare i propri crediti, effettuare un vero e
proprio percorso ad ostacoli.
Ovviamente, laddove dovessero avere fortuna, reperendo la giusta provvista sul conto
corrente, intestato al Condominio, avrebbero l’opportunità con il pignoramento del conto
corrente di soddisfare i loro crediti, anche se tanto non si riteneva appena varata la riforma.
Oggi, con le statuizioni del Tribunale di Reggio Emilia con provvedimenti del 14/05/2014 e
del Tribunale di Milano del 26/05/2014, Tribunale Catania 03/07/2009 e ordinanza
Tribunale Arezzo 2586/2016 che hanno ritenuto che le somme versate dai condomini sul
conto corrente, perdono la specificità individuale e l’attribuibilità ad un condomino, poiché
il conto corrente, intestato all’ente di gestione, acquista una sua autonoma aggredibilità, con
determinazione della titolarità dello stesso in favore del Condominio, che ne potrà disporre,
a seguito di delibere assembleari. Le citate somme, quindi, non avranno più alcun
collegamento con il condomino che ha effettuato il versamento e, conseguentemente, vi
sarà la formazione di un patrimonio con coincidenza tra soggetto debitore e titolare del
patrimonio (Condominio) che potrà essere sottoposto ad esecuzione.
– Eventuali azioni esperibili dal creditore del condominio
A questo punto, appare evidente che l’azione che andrà a proporre il creditore nei confronti
dei condomini, se il suo credito non dovesse essere soddisfatto, con l’eventuale
pignoramento del conto corrente, sarà una eventualità residuale, viste le garanzie ed
obblighi meglio sopra specificati.
Laddove gli importi concordati non siano stati interamente versati, il creditore del
Condominio dovrà formalizzare all’amministratore, obbligato ad adempiere, una richiesta
per poter ottenere l’elenco dei condomini morosi, le quote millesimali inerenti agli stessi ed
i relativi indirizzi al fine di poter agire prima nei loro confronti e, in caso negativo, nei
confronti degli altri condomini, che risponderanno solo dopo l’escussione dei morosi,
sempre pro-quota e mai per l’intero.
Il creditore potrà ottenere, essendo a tanto autorizzato dalla normativa, art. 63 Disp. Att.
C.C., l’elenco-piano di riparto dei condomini morosi, per poter esperire le azioni giudiziarie
che riterrà più opportune. L’ordinamento ha posto a disposizione dei creditori per ottenere
tale documentazione gli strumenti giudiziari di seguito indicati, secondo la tempestività nel
raggiungimento dell’obiettivo.
Certamente, per abbreviare i tempi, potrà avviare un procedimento monitorio, per
richiedere un decreto ingiuntivo, al fine di ottenere la consegna della predetta
documentazione ai sensi dell’art. 633, comma I, c.p.c.
Potrà, inoltre, procedere, anche con ricorso ex art. 700 c.p.c., laddove sussistano i due
requisiti prescritti per legge “fumus boni iuris” e “periculum in mora”.
Il creditore potrà, ancora, utilizzare anche lo speciale procedimento a cognizione sommaria
ex art. 702 bis c.p.c. presumibilmente di durata inferiore rispetto al procedimento ordinario,
che potrà essere utilizzato quale ultima possibilità, considerata la durata dello stesso.
Invero, la citata sentenza del S.C. a S.U. ha statuito che “Il contratto, stipulato
dall’amministratore rappresentante, in nome e nell’interesse dei condomini rappresentati e
nei limiti delle facoltà conferitegli, produce direttamente effetti nei confronti dei
rappresentati. Conseguita nel processo la condanna dell’amministratore, quale
rappresentante dei condomini, il creditore può procedere all’esecuzione individualmente
nei confronti dei singoli, secondo la quota di ciascuno” (Cass. Civ. S. U 08/04/2008 n.
9148).
Il creditore, quindi, già in possesso del titolo che decreta il suo diritto di credito,
regolarmente notificato al Condominio, ottenuto dall’amministratore l’elenco dei
condomini morosi, notificherà agli stessi il medesimo titolo già notificato all’Ente di
gestione, provvisto di formula esecutiva, unitamente al precetto, in cui si richiederà il
pagamento di una somma pari alle quote a carico del moroso. Dopodicchè, potranno essere
avviate tutte le azioni esecutive ritenute più opportune.
Sulla necessità della notifica del titolo in forma esecutiva ai condomini morosi, la S.C. così
ha statuito “In tema di esecuzione forzata di un’ingiunzione ottenuta nei confronti di un
condominio, in persona del suo amministratore, per l’inadempimento di un’obbligazione
contrattuale, se una nuova notificazione del titolo esecutivo non occorre per il destinatario
diretto del decreto monitorio nell’ipotesi di cui all’art. 654, comma 2, c.p.c., detta
notificazione è, invece, necessari qualora si intenda agire contro un soggetto, non indicato
nell’ingiunzione in ragione della pretesa sua qualità di obbligato solidale – anche se
erronea secondo il diritto vivente sulla parziarietà delle obbligazioni condominiali – in
quanto il debitore esecutando deve essere messo in grado non solo di conoscere qual è il
titolo ex art. 474 c.p. c. in base al quale viene minacciata in suo danno l’esecuzione, ma
anche di adempiere l’obbligazione da esso risultante entro il termine previsto dall’art. 480
c.p.c. “. (Cass. Civ. Sez. 111 3010112012 n. 1289).
Nel caso in cui tutte le procedure esecutive intraprese nei confronti dei condomini morosi
abbiano avuto esito negativo, il creditore del Condominio potrà attivare, nei confronti dei
condomini in regola con i pagamenti, azioni esecutive, comunque offrendo prova dei vani
tentativi effettuati per il recupero, sempre nei limiti delle quote millesimali di ciascuno,
vista la parziarietà delle obbligazioni.
La dottrina più accreditata (Celeste – Scarpa, Riforma del Condominio, Milano
2013) ha precisato che la preventiva escussione richiede l’esaurimento effettivo della
procedura esecutiva individuale in danno del condomino moroso, prima di poter
pretendere l’eventuale residuo insoddisfatto dal condomino in regola.
Se da un lato non vi sono dubbi che, in caso di conclamata insolvenza, il creditore
non sia tenuto ad attendere ulteriormente, negli altri casi occorre valutare quale sia l’onere
che grava sul creditore e, in definitiva, quali tentativi debba compiere prima di poter agire
contro i condomini non morosi.
La giurisprudenza, specie con riferimento al beneficio della preventiva escussione
fissato per la responsabilità dei soci delle società di persone o a quello pattuibile in favore
del fideiussore, indica ad esempio che non è sufficiente per il creditore il solo tentativo di
una escussione mobiliare o presso terzi.
Il giudice di legittimità ha sostenuto che l’esito negativo del pignoramento presso
terzi dei diritti di una società in nome collettivo è inidoneo afar ritenere certa l’incapacità
de/patrimonio societario, potendo la società disporre di altri beni sufficienti a garantire il
soddisfacimento del credito e non giustifica l’esecuzione nei confronti del socio che gode
del beneficium excussionis ex art. 2304 c. c. (Cass. civ. n. 5136/2011).
La previsione normativa fa riferimento al tentativo di escussione ma, come indica la
giurisprudenza, l’indicazione non può essere letta nel senso che sia sufficiente un tentativo
qualsiasi, senza che questo sia accompagnato dalla prova dell’impossibilità di aggredire
altri beni.
È stato osservato che sembra corretto richiedere al creditore la dimostrazione di aver
tentato con ogni ragionevole sforzo l’esecuzione, non essendovi altri beni idonei a
soddisfare il suo credito, dimostrando i tentativi infruttuosi e le indagini eseguite, che non
abbiano portato a individuare beni aggredibili.
E’ stato inoltre osservato (in dottrina Celeste – Scarpa) che per quanto concerne i
giudizi differenti da quello esecutivo, l’esistenza del benefico di preventiva escussione non
esclude la possibilità che il creditore agisca contro tutti i condebitori, anche
contemporaneamente, in via di cognizione per ottenere un titolo esecutivo. Pur non potendo
azionarlo fin da subito contro ogni condomino in via esecutiva, in tal modo il creditore
potrà iscrivere ipoteca anche nei confronti dei condebitori per i quali valga la limitazione.
Il condomino, in regola con i pagamenti, escusso successivamente ai morosi, avrà azione di
regresso nei confronti di questi, anche se, visto l’iter che è tenuto a seguire il creditore
prima di attivarsi nei confronti dei condomini paganti, ogni ulteriore azione di recupero sarà
evidentemente di difficile realizzazione.
– Solidarietà e parzialità nel condominio nei casi di responsabilità extracontrattuale
Il citato ormai consolidato principio di parziarietà delle obbligazioni nel Condominio, con
conseguente obbligo di pagamento pro-quota dei debiti da parte condomini, non trova
applicazione nei casi in cui le obbligazioni sono ritenute dalla legge solidali, con la
conseguenza, in questi casi, della solidarietà in capo ai condomini.
Invero, il principio di parziarietà, decretato dalla S.C. a S.U. con la sentenza n. 9148/2008,
stabiliva chiaramente ed inequivocabilmente che ‘ … in difetto di un’espressa previsione
normativa che stabilisca il principio della solidarietà, la responsabilità dei condomini nel
caso di obbligazioni pecuniarie è retta dal criterio di parziarietà, per cui le obbligazioni
assunte nell’interesse del condominio si imputano ai singoli componenti soltanto in
proporzione delle rispettive quote, secondo criteri simili a quelli dettati dagli artt. 752 e
1295 C. C.”.
Tale pronuncia, come riferito, veniva emessa con riguardo ad una obbligazione contrattuale
che un Condominio tramite il suo amministratore aveva assunto verso un terzo. Vi sono,
però, situazioni in cui nel Condominio il principio della parziarietà viene superato a favore
del principio della solidarietà dei condomini, ciò quando l’obbligazione viene ritenuta
solidale da precise previsioni legislative.
Chiarito quanto sopra, è ora il caso di evidenziare che il problema che si sta
ponendo concerne l’applicazione pratica dell’art. 63 disp. att. cod. civ.: posto il divieto da
parte del terzo creditore di agire contro i condomini in regola con i pagamenti delle spese
condominiali (cd. condomini virtuosi) se non dopo aver escusso inutilmente quelli morosi,
il cui elenco dovrà essere fornito dall’amministratore, ci si è chiesti (e ci si chiede) se il
creditore potrà richiedere al condomino moroso l’intero suo credito oppure solo la quota
proporzionale (in base ai millesimi di proprietà).
In effetti, sebbene il decreto “Destinazione Italia” e la legge di stabilità (2015)
hanno corretto alcune norme della Legge 220/2012, alcuna modifica è intervenuta con
riferimento alla citata norma.
Secondo un orientamento, il terzo creditore notificherà l’atto di precetto ad uno dei
condomini morosi secondo l’elenco fornito dall’amministratore intimandogli di pagare
l’intero credito dovuto dal condominio: pur nel silenzio legislativo si dovrebbe ritenere
(secondo parte della dottrina) che la Legge 220/12 abbia reintrodotto il criterio della
solidarietà del debito (Enrico Morello Il recupero crediti bussa prima ai condomini
morosi).
Il Tribunale di Torino con sentenza n. 4698/2015 (pubblicata in data 29/06/2015) ha
statuito che con riferimento alla natura delle obbligazioni dei condomini, la pronunzia a
Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 9148/2008 deve ritenersi superata per effetto del
mutato quadro normativo, intervenuto a seguito della riforma del Condominio attuata con
la legge 220/12, entrata in vigore il 18/6/13, come tale applicabile al caso in esame in
quanto anteriore alla notifica del precetto. 11 nuovo disposto dell’art. 63 disp. att. cod. civ.
stabilisce, al secondo comma, che i creditori non possono agire nei confronti degli
obbligati in regola con i pagamenti se non dopo l’escussione degli altri condomini. La
norma in esame appare chiara nell’introdurre un vero e proprio beneficio di escussione, il
quale comporta l’esperimento dell’azione esecutiva prima nei confronti dei condòmini che
non siano in regola con i pagamenti e successivamente, soltanto in caso di mancato
recupero, nei confronti degli altri”.
Prosegue il Tribunale di Torino nella citata sentenza affermando che “non vi è
ragione per ritenere che la norma si applichi solo alle obbli-gazioni di natura contrattuale e
non a quelle di natura extracontrattuale”.
Orbene, il silenzio legislativo induce a pensare che il principio di parziarietà delle
obbligazioni in capo al condominio non risulta essere un principio applicabile in assoluto.
Invero, anche le Sezioni Unite, nella nota sentenza n. 9148/2008, avevano lasciato
intravedere detta limitazione, laddove nella motivazione veniva specificato come solo in
difetto di una espressa previsione normativa che stabilisca il principio della solidarietà, la
responsabilità dei condomini nel caso di obbligazioni pecuniarie è retta dal criterio della
parziarietà.
Quindi, per quanto attiene ai riflessi sul Condominio, una norma che ritiene la solidarietà è
quella ex art. 2055, comma 1, C.C., in materia di responsabilità da fatto illecito.
Invero, il citato articolo al comma I dispone “Se il fatto dannoso è imputabile a più
persone, tutte sono obbligate in solido al risarcimento dei danno”.
A tal proposito, si segnala una recente sentenza del S.C. Sez. lI 29/01/2015 n. 1674, che ha
statuito che “… il risarcimento del danno da cosa in custodia di proprietà condominiale
non si sottrae alla regola della responsabilità solidale ex art. 2055, comma 1, C.C.,
individuati nei singoli condomini i soggetti solidalmente responsabili”.
La citata ultima sentenza è quella che, in ordine di tempo, ha confermato l’applicabilità
dell’art. 2055 C.C. ai danni da cosa condominiale in custodia, che ha trovato già in altre
statuizioni della Corte di legittimità dei precedenti importanti.
Invero, la sentenza della S.C. n. 6665/2009 riteneva il condomino danneggiato, terzo
rispetto al condominio responsabile del danno. Così come Cass. n. 4797/2001 riteneva la
responsabilità del Condominio e, quindi, dei condomini in maniera solidale, per l’ipotesi di
danni provenienti dal lastrico solare, causati al proprietario dell’unità immobiliare
sottostante, per omessa manutenzione.
Infine, la sentenza n. 6405/1990 che, partendo dalla circostanza che tutti i condomini sono
comproprietari delle parti comuni, tra le quali vi è anche il lastrico solare, assumendone la
custodia, con obbligo di manutenzione, nel caso di danni a terzi, per omessa manutenzione
al lastrico, saranno ritenuti tutti responsabili solidalmente a norma degli artt. 2051 e 2055
C.C.
La recente sentenza sopra richiamata Cass. 29/01/2015 n. 1674 osserva che “… la stessa
struttura della responsabilità per danni prevista dall’art. 2051 C.C., presuppone
l’identificazione di uno o più soggetti cui sia imputabile la custodia. 11 custode non può
essere identificato né nel condominio, interfaccia idoneo a rendere il danneggiato terzo
rispetto agli altri condomini, ma pur sempre ente di sola gestione di beni comuni, né nel
suo amministratore, essendo questi un mandatario dei condomini. Solo questi ultimi,
invece, possono considerarsi investiti del governo della cosa, in base ad una disponibilità
di fatto e ad un potere di diritto che deriva dalla loro proprietà piena sui beni comuni ex
art. 1117 C.C. (sui requisiti in generale della custodia ai fini dell’applicazione dell’art.
2051 C.C., cfr. Cass. S. U. n. 12019/91)”.
A questo punto, rileviamo, quindi, che la garanzia, secondaria e parziale prevista dall’art.
63 Disp. Att. C.C., attribuita ai condomini in regola con i pagamenti, viene superata nel
caso sopra trattato relativo all’art. 2055 C.C. Conseguenza di ciò che la prefata garanzia
viene sostituita dalla solidarietà prevista nelle specifiche norme, che da diritto al creditore
di agire per l’intero, anche nei confronti del singolo condomino.
Taranto — Torino – 13.04.2016
Avv. Emanuela PERACCHIO Avv. Ciro PARISI