31 Marzo 2018

I procedimenti di revoca dell’Amministratore

LA REVOCA ASSEMBLEARE
L’art 1129 co. 10 cod.civ. nel testo novellato dalla L. 220/12 dispone che l’amministratore può essere revocato in ogni tempo dall’assemblea con la maggioranza prevista per la nomina (maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno 500 millesimi) ovvero con le “diverse modalità” previste dal Regolamento Condominiale. Questo ultimo inciso comporta alcuni problemi interpretativi:
a) la norma regolamentare deve considerarsi come integrativa della norma di legge (art 1129 C.C.) ?
b) può il Regolamento Condominiale, ancorchè contrattuale, prevedere fra le diverse modalità una maggioranza difforme da quella stabilità dall’art.1136 c.c. cui fa riferimento l’art 1129 c.c. stante la espressa inderogabilità (ex art 1138 c.c.) di dette norme?
L’insuperabile statuizione legislativa dell’ art. 1138 co.4 C.C. di inderogabilità delle norme ora menzionate porta a concludere che il Regolamento Condominiale non possa prevedere una maggioranza diversa, magari inferiore a quella prevista dall’art 1136 c.c. per la nomina; è invece ragionevole ritenere che il regolamento possa prevedere diverse modalità organizzative e di gestione dell’assemblea che abbiano contenuto e natura meramente regolamentare e non incidano in alcun modo sui diritti (ad esempio prevedere che obbligatoriamente nella convocazione di detta assemblea vengano sempre fissate le date di prosecuzione della stessa così da avere la ragionevole certezza di poter provvedere alla rapida nomina del nuovo amministratore; oppure potrebbe prevedere modalità di contestazione all’amministratore degli addebiti che sostengono la revoca, o ancora prevedere una specifica ipotesi di giusta causa ).

La revoca dell’amministratore, pur fissata in un anno la durata del suo incarico, può essere deliberata dall’assemblea in qualunque momento; la norma non richiede espressamente che la revoca debba essere sostenuta da giusta causa o giustificato motivo; quindi, non essendo espressamente prevista l’irrevocabilità dell’incarico, è sufficiente che venga meno il rapporto di fiducia tra amministratore e condòmini per rimuovere il presupposto stesso della permanenza in carica dell’ amministratore. Al quale, quindi, ove revocato non compete alcun risarcimento del danno quanto meno sotto il profilo del diritto alla stabilità dell’incarico.
Ritengo non sia invece aprioristicamente escludibile una tutela risarcitoria conseguente alla revoca “ ingiustificata” (sia per mancanza di giusta causa che per allegazione di una causa ingiusta a sostegno della revoca) sotto il profilo della “perdita della reputazione professionale/ personale”.
Ferma restando la tutela penale, nella quale non mi addentro, la lesione dell’altrui reputazione trova tutela anche in sede civilistica e ciò a prescindere dalla circostanza che il fatto dedotto sia previsto come reato.
Ora, nel concetto di “reputazione “ è compreso anche il decoro professionale, vale a dire l’ immagine che il soggetto ha costruito di sé nel proprio ambiente lavorativo e la considerazione della quale in questo ambiente gode. La lesione della reputazione professionale comporta una diminuzione del credito e della considerazione professionale da parte dei soggetti coi quali interagisce nell’ambito sociale e lavorativo; il professionista che veda violata la propria dignità professionale e che in conseguenza di ciò abbia subito un pregiudizio, una perdita – patrimoniale e/o non patrimoniale – ha diritto ad una tutela risarcitoria, considerato anche – e soprattutto – che la dignità sociale e professionale è un valore costituzionalmente garantito. Ovviamente sarà il Giudice a verificare nel caso concreto la sussistenza dei presupposti della lesione in questione e del nesso di causalità.

Indipendentemente da quanto ora detto, sussiste in ogni caso il diritto dell’amministratore revocato ante tempus senza giusta causa /giustificato motivo (o per causa ingiusta) di agire giudizialmente in via risarcitoria ove dall’ anticipata risoluzione del rapporto abbia subito danni. La conferma ci viene dalle norme sul mandato e segnatamente dall’art 1725 cod.civ. (“Revoca del mandato oneroso “ ) il quale dispone testualmente che “ La revoca del mandato oneroso conferito per un tempo determinato o per un determinato affare , obbliga il mandante a risarcire i danni, se è fatta prima della scadenza del termine o del compimento dell’affare, salvo che ricorra una giusta causa”. Dunque la sussistenza di una “giusta causa” è la scriminante. E’ importante allora accertare se stante il disposto normativo sopra citato il fatto contestato all’amministratore costituisca o meno una giusta causa.
A tal fine la verifica potrà ancorarsi ai motivi previsti dall’art 1129 c.c. nel testo vigente per la revoca giudiziale. Le ipotesi ivi delineate sono tutte di tale gravità e incidenza sul rapporto fiduciario alla base del mandato da legittimare anche un solo condòmino ad adire l’Autorità giudiziaria perchè disponga la revoca dell’amministratore risolvendo il mandato; dunque non v’è ragione di non ritenerle idonee ad integrare giusta causa per la revoca assembleare.
Indipendentemente dalla tutela risarcitoria, all’amministratore revocato ante tempus spetta il compenso proposto e accettato dall’assemblea nonché il rimborso delle anticipazioni che abbia eventualmente effettuato (art 1719, 1720 c.c.).
L’amministratore revocato senza giusta causa avrà diritto all’intero compenso anche nel caso in cui lo stesso sia stato determinato a forfait.
L’assemblea convocata per la revoca avrà anche il compito di nominare il nuovo amministratore; ove non fosse possibile deliberare in tal senso, ciascun condòmino potrà chiedere la nomina all’Autorità giudiziaria ex art 1129 co 1 c.c.

LA REVOCA GIUDIZIALE
La revoca dell’amministratore può essere disposta dall’Autorità Giudiziaria anche su ricorso di un solo condòmino allorchè si verifichino una o più delle ipotesi indicate dall’art 1129 co 11 c.c. ; le stesse sono di gravità tale da incidere profondamente sul rapporto fiduciario amministratore – condòmini tanto da legittimare il singolo condomino senza la previa autorizzazione assembleare. Il Tribunale adito provvede con decreto che costituisce provvedimento di volontaria giurisdizione (art 64 disp.att cod.civ.); quindi non ha carattere decisorio, ma sostitutivo della volontà assembleare, finalizzato ad assicurare una rapida tutela dell’interesse della collettività
condominiale alla corretta gestione e amministrazione del condominio. Pur avendo effetto sull’intera compagine condominiale, il provvedimento del giudice non deve esser adottato nel contraddittorio del condominio e neppure di tutti gli altri condòmini, ma legittimato a contraddire è solo
l’amministratore. L’adozione del provvedimento da parte del Giudice deve essere preceduto da un attento scrutinio in ordine alla riconducibilità delle ipotesi legali ex art 1129 c.c. dei fatti dedotti dal /dai condomino/i a sostegno dell’istanza di revoca giudiziale. Sotto tale profilo giova fare alcune precisazioni: l’art 1129 co 11 c.c. specifica che la revoca dell’amministratore può essere disposta dall’Autorità Giudiziaria:
1) nel caso previsto dall’art 1130 co 4 c.c. (violazione dell’obbligo di informare tempestivamente l’assemblea di esser stato convenuto in giudizio per fatti esorbitanti dalle sue attribuzioni);
2) se non rende il conto della gestione (anche per un solo anno, riducendo il limite biennale previsto dalla norma nella formulazione ante riforma ex L. 220/12)
3) in caso di gravi irregolarità; irregolarità che la norma enumera con elencazione peraltro non tassativa.
La circostanza che l’elencazione fatta dall’art 1129 c.c. dei “gravi motivi” di revoca dell’amministratore non sia tassativa, comporta che la valutazione se i fatti dedotti siano sussumibili in una delle tipizzazioni legislative è lasciata all’apprezzamento discrezionale dl Giudice, il quale potrà ravvisare
“gravi irregolarità” in fatti che pur non rientrando esattamente nel paradigma normativo, tuttavia siano incidenti sul rapporto fiduciario in modo così grave da giustificarne la risoluzione. In buona sostanza, la circostanza che i fatti addebitati all’amministratore non rientrino esattamente in una delle fattispecie elencate dalla norma non preclude al Giudice di considerarli “gravi” alla luce della norma in oggetto e ritenerli fondativi della revoca richiesta.
Con una disposizione la cui ratio per vero non è chiara, il legislatore ha previsto che in due casi specifici – gravi irregolarità fiscali e mancata apertura e utilizzazione del conto corrente dedicato – sia obbligatorio il preliminare passaggio assembleare (richiesto anche da un solo condomino) per far cessare la violazione e revocare il mandato all’amministratore. Ove non si addivenga alla revoca, ciascun condomino potrà rivolgersi all’autorità giudiziaria con rifusione delle spese da parte del condominio, il quale a sua volta si potrà rivalere nei confronti dell’amministratore revocato. Peraltro, singolarmente solo in queste specifiche ipotesi la legge prevede il diritto alla rifusione delle spese per il condomino che agisce giudizialmente, non anche per le altre, dimenticando che anche quando fa valere le altre circostanze legittimanti la revoca previste dalla norma il condomino ricorrente agisce nell’interesse dell’intera compagine condominiale. Per altro verso, non può escludersi a priori che l’amministratore “revocando” sia restio a dare seguito alla richiesta del condomino e convocare l’assemblea in questione, talchè, piuttosto che per le due specifiche ipotesi di irregolarità in esame (irregolarità fiscali e mancata apertura e utilizzazione del conto corrente dedicato) al condòmino sarà più agevole agire facendo valere l’altra ipotesi di grave irregolarità costituita dal ripetuto
rifiuto di convocare l’assemblea per la revoca e la nomina del nuovo amministratore di cui all’art. 1129 co12 n.1 c.c.
Si discute se sia o meno revocabile dal Giudice l’amministratore in prorogatio. Da una rapida disamina dell’assetto normativo di riferimento sembra doversi dare risposta affermativa. Le motivazioni sostanzialmente possono sintetizzarsi come segue:
a) Innanzitutto, stante il preciso disposto dell’art 1129 co 8 c.c. nel testo vigente l’amministratore in regime di prorogatio è legittimato (recitus: è tenuto) a compiere tutte le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi al condominio- del quale mantiene la rappresentanza – e ai condòmini; l’amministratore revocato non ha tali poteri, tant’è che la stessa l’assemblea convocata per la revoca deve contemporaneamente nominare il nuovo amministratore (art 1129 co 11 c.c.)
b) negare la revocabilità dell’amministratore in prorogatio comporterebbe la lesione del diritto dei condòmini a ottenere il controllo dell’Autorità Giudiziaria sulla correttezza della gestione; all’amministratore sarebbe sufficiente non farsi rinnovare l’incarico per sottrarsi al rischio della revoca giudiziale, proseguendo nella gestione. Così vanificando anche il disposto dell’art 1129 co 13 c.c. che dispone la non rieleggibilità dell’amministratore revocato.
In base al disposto dell’art 1129 n. 13 cod. civ la revoca giudiziale dell’amministratore ne impedisce la nomina successiva da parte dell’assemblea. L’assemblea quindi non potrà nominare l’amministratore revocato giudizialmente anche se siano venute meno le cause che ne hanno determinato la revoca. La delibera dell’assemblea che, in dispregio della disposizione normativa ora menzionata, nominasse l’amministratore revocato giudizialmente sarebbe radicalmente nulla per contrarietà alla legge, nello specifico a una norma imperativa posta a tutela della collettività condominiale.
Va peraltro rilevato che la norma non specifica alcun limite temporale del divieto, non precisa se l’amministratore revocato giudizialmente perda definitivamente il diritto a essere nuovamente nominato dall’assemblea oppure se, decorso un adeguato, congruo lasso di tempo, tale divieto possa considerarsi decaduto. Ora, una lettura costituzionalmente orientata della norma sembra suggerire una interpretazione non rigorosa e dunque un divieto solo temporale; opinare diversamente, considerare cioè il divieto ad essere nuovamente nominato come definitivo, sine die, comporterebbe una sanzione eccessiva, irragionevole alla luce della tutela costituzionale di libertà allo svolgimento della attività lavorativa, finirebbe per conculcare sostanzialmente e pesantemente il diritto stesso dell’amministratore a svolgere la sua professione.
Stante ciò, sembra ragionevole l’esegesi che parte della Dottrina fa della norma in oggetto, interpretando l’avverbio “nuovamente “ (nominato) riferito alla sola gestione in corso al momento della revoca giudiziale, lasciando libera l’assemblea di decidere, decorsa la gestione, se rinominare o no l’amministratore revocato. Importante questione, ancora controversa, è se sia o meno obbligatoria la previa Mediazione ex dlgs 28/10 e succ. modif. quale condizione di procedibilità dell’istanza di revoca giudiziale dell’amministratore.
La giurisprudenza di merito sin qui intervenuta sul punto è ondivaga, ma prevalentemente attestata sulla obbligatorietà della mediazione preventiva. La Corte di Cassazione con la recente sentenza 18 gennaio 2018 n.1237, est Scarpa, con un obiter dictum pur rilevata la contraddittorietà della normativa di riferimento sembra, tuttavia, protendere per la NON obbligatorietà della mediazione, discostandosi dalla prevalente giurisprudenza di merito formatasi sul punto.

La Corte affronta con la sentenza citata un altro argomento, la ricorribilità in Cassazione ex art 111 Cost del decreto di revoca giudiziale dell’amministratore, concludendo per la inammissibilità di tale rimedio stante al natura tipica del provvedimento di volontaria giurisdizione – quale è il decreto di revoca dell’amministratore – privo di contenuto decisorio e dunque non suscettibile di passare in giudicato; ma la decisione sulla detta questione offe alla S.C. l’occasione di fare una disamina della normativa relativa a revoca giudiziale e mediazione. Da un lato l’art 71 quater disp att cc nel testo vigente post L. 220/12 precisa che per controversie condominiali devono intendersi, fra l’altro quelle di cui agli artt da 61 a 72 disp att cc. In tal modo comprendendo il procedimento di revoca giudiziale di cui all’art 64 disp att cc; dall’altro, tuttavia, l’art 5 cp 4 lett f) Dlgs 28/10 come sostituito dal DL 69/13 conv il Legge n. 98/13 precisa che il meccanismo della condizione di procedibilità non si applica nei procedimenti in camera di consiglio, quale è, per l’appunto, quello di revoca giudiziale dell’amministratore di Condominio.
La Corte non prende una posizione esplicita sul punto, ma dal tenore delle considerazioni che svolge relativamente alla natura del procedimento di revoca giudiziale (eccezionale ed urgente oltre che sostituiva della volontà assembleare) e alla finalità perseguita (ottenere rapida tutela delle esigenze di corretta e trasparente gestione condominiale) da un lato; nonchè dal tenore letterale dell’art 5 cp 4 let tf) Dlgs 28/10 che definisce “… inequivoco nel disporre che il meccanismo della condizione di procedibilità …non si applica nei procedimenti in camera di consiglio…” sembra propendere, come detto sopra, per la NON obbligatorietà della mediazione ante causam.

LA REVOCA TACITA
Per completezza si segnala che l’amministratore in carica è da considerarsi revocato, pur in assenza delle formalità al riguardo previste normativamente
e di cui s’è detto sin qui, nell’ipotesi in cui venga sostituito da un nuovo amministratore nominato dall’assemblea, applicandosi il principio di cui
all’art 1724 c.c che, con la rubrica “ Revoca Tacita “ , dispone testualmente che la nomina di un nuovo mandatario per lo stesso affare importa la revoca
del mandato.

ANNOTAZIONE DELLA REVOCA
Va infine ricordato che la revoca dell’amministratore sia essa assembleare, giudiziale o tacita deve essere annotata nell’apposito registro obbligatorio ex
art. 1130 n. 7 cod.civ.

Maria Luigia Aiani avvocato del Foro di Pavia