19 Marzo 2020

Locazione e impossibilità sopravvenuta per Coronavirus?

Volendo considerare la posizione dei conduttori di immobili ad uso diverso, che
chiedono la riduzione del canone a seguito della situazione determinata
dalle misure assunte per contrastare l’epidemia di Coronavirus , si possono
ipotizzare le seguenti soluzioni giuridiche nessuna delle quali, tuttavia, potrebbe
soddisfare appieno l’aspettativa del conduttore in relazione alla prosecuzione
dell’attività:
1) la prima è prevista dall’art. 27 della L. 392/78 per cui, per gravi motivi, il
conduttore può recedere con preavviso di 6 mesi (soluzione che, se
percorribile, comporterebbe, comunque, la cessazione dell’attività cosa,
evidentemente, non gradita nell’aspettativa che la crisi da Coronavirus possa
essere superata. Inoltre, bisognerebbe pur sempre valutare che si tratta,
quantomeno al momento, di una situazione temporale, come tale non definitiva
che potrebbe anche concludersi nell’arco di qualche settimana. Tra l’altro il
canone per il semestre dovrebbe rimanere quello contrattuale);
2) l’altra ipotesi è quella della “impossibilità parziale sopravvenuta” come
prevista dall’art. 1464 cc. Quella disposizione, infatti, prevede la possibilità della
riduzione della prestazione (canone). Bisognerebbe, tuttavia, considerare la
vicenda del Coronavirus come “… prestazione di una parte (locatore) divenuta
solo parzialmente impossibile …”. Quindi ritenendo violato l’obbligo del locatore
di consegnare e mantenere il bene in condizione da essere utilizzato secondo
l’uso contrattualmente stabilito ai sensi dell’art. 1575 cc. Inoltre, anche qui come
sopra, va considerato che la situazione di “impossibilità sopravvenuta parziale”,
allo stato non ha le caratteristiche della definitività;
3) la terza ipotesi è quella della “eccessiva onerosità sopravvenuta” ai sensi
dell’art. 1467 cc. Tale soluzione, tuttavia, potrebbe determinare solo la pretesa di
risoluzione del contratto da parte del conduttore (evitando il preavviso di 6 mesi
per gravi motivi). Ciò sempre che il locatore, di fronte alla richiesta risoluzione,
non “offra di modificare equamente le condizioni del contratto.” Anche in questo
caso, tuttavia, va considerata: la non definitività della situazione di crisi che
determina l’eccessiva onerosità ed il fatto che vi è il rischio di risoluzione del
contratto e, pertanto, di cessazione dell’impresa;
4) la quarta ipotesi è quella della impossibilità parziale di rendere la
prestazione dovuta (canone) quando la stessa sia divenuta impossibile solo in
parte. Ciò ai sensi dell’art. 1258 cc. In questo caso il debitore (conduttore) si
libera dall’obbligazione eseguendo la prestazione per la parte che è rimasta
possibile. Anche qui, tuttavia, deve considerarsi che l’impossibilità parziale, allo
stato, non è definitiva. Superata l’emergenza, infatti, l’immobile sarà
nuovamente e totalmente utilizzabile;
5) a seguito del provvedimento di chiusura delle attività commerciali di cui al
Dpcm dell’11 marzo 2020, risulta ammissibile la disposizione relativa alla
cosiddetta impossibilità temporanea di adempiere alla propria
obbligazione di cui all’art. 1256 cc. Va considerato, infatti, che il divieto di
esercitare l’attività determina l’impossibilità per il conduttore di utilizzare
l’immobile, quale prestazione dovuta dalla contro parte (locatore). La mancanza
degli incassi determina l’impossibilità di adempiere alla propria obbligazione
(canone). Ciò per il tempo per il quale durerà l’emergenza sanitaria. Pertanto, in
applicazione della disposizione, il conduttore “non è responsabile del ritardo
nell’adempimento”. Si tratta tuttavia di una posticipazione dell’obbligo e non di
una sua esclusione. Tale ultima potrà avvenire solo qualora l’impossibilità
perduri fino a quando, considerato il rapporto in corso, non vi sia più obbligo a
corrispondere la prestazione del canone. Al contrario, dal momento in cui cessi
l’impossibilità sia cessata, il conduttore sarà tenuto al pagamento dei canoni
precedenti non corrisposti;
6) l’art. 91 del DL 18/2020 , introduce una disposizione che, evidentemente
nell’intenzione del legislatore, è diretta a considerare le conseguenze di un
inadempimento qualora le stesse derivino dal “… rispetto delle misure di
contenimento di cui al presente decreto …” precisando che tale situazione “ … è
sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli
artt. 1218 (responsabilità del debitore) e 1223 (risarcimento del danno)
c.c. …” e ciò in relazione a “… eventuali decadenze o penali connesse a ritardi o
omessi adempimenti.”.
A ben vedere, tuttavia, tale disposizione ha un mero ed esclusivo valore
rafforzativo e confermativo, delle disposizioni dell’ordinamento che
lo stesso art. 1218 richiama direttamente. Si tratta proprio delle disposizioni
di cui agli artt. 1256 c.c. (impossibilità definitiva o temporanea) e 1258 c.c.
(impossibilità parziale) che abbiamo considerato ai precedenti punti 4 e 5 e che
determinano le conseguenze tutte lì esposte. Ciò sia in relazione all’argomento
che qui ci occupa relativo al pagamento del canone, sia in ordine a tutte le
diverse e variegate possibilità di “inadempimento” che derivino dal rispetto delle
disposizioni limitative che l’emergenza sanitaria ha imposto.
In conclusione, salve tutte le riserve ed indicazioni date, appare difficile
sostenere il diritto del conduttore ad un’automatica riduzione del canone. A
questo punto, pertanto, qualora si voglia perseguire quel risultato non rimarrà
che:
a. chiedere, per le vie ordinarie, la riduzione del canone quantomeno per il
periodo di crisi e concordare ciò in via amichevole e transattiva con il locatore;
b. nel caso di rifiuto del locatore (mantenendo il pagamento del canone vigente
ad evitare eccezioni di risoluzione del contratto), il conduttore potrà convocare lo
stesso in mediazione. Trattandosi di una possibile controversia di tipo locativo,
infatti, prima dell’eventuale giudizio è obbligatorio esperire tale procedimento
come previsto dal D.Lvo 28/10;
c. nel caso di fallimento della mediazione, non rimane che la via giudiziale
sostenendo una delle ipotesi formulate in precedenza quale quella della
impossibilità parziale sopravvenuta o le altre indicate.

Avvocato Ladislao Kowalsky